Septizonium
Accedere a Roma dal 203 d.C., dopo aver percorso la Via Appia Antica, doveva regalare ai visitatori una spettacolare sorpresa. Ad accoglierli, infatti, vi era una stupefacente facciata monumentale fatta realizzare per volere dell’imperatore Settimio Severo, con il chiaro intento di lasciare a bocca aperta tutti coloro che arrivavano in città da sud, ovvero dalla sua Africa.
Di fatto si trattava di un nuovo ingresso aggiunto alla già imponente Domus Augustana di Domiziano, nell’angolo sud-est del Colle Palatino.
Una quinta scenografica che originariamente doveva raggiungere i 30 metri di altezza e oltre i 90 metri di larghezza, interamente rivestita da colonne in marmi colorati, con capitelli compositi su tre ordini e statue.
Molto probabilmente le statue ospitate dovevano rappresentare o le personificazioni dei sette pianeti o dei sette giorni della settimana. Ciò darebbe una concreta spiegazione al significato astrale dell’edificio suggerito dal nome septizodium e avvalorato dalla fissazione che l’imperatore aveva per l’oroscopo. Egli infatti coltivava talmente un grande interesse negli oroscopi e nelle previsioni degli astrologi, che rimasto vedovo di Paccia Marciana, si affidò alle stelle per prendere in sposa la siriana Giulia Domna, il cui oroscopo le pronosticava un matrimonio con un re.
Infine, al centro dell’abside centrale vi era invece una statua raffigurante l’imperatore dedicata dal prefetto urbano L. Fabius Cilo, affiancata successivamente da quella di una divinità fluviale.
Dal punto di vista architettonico, il septizodium, non era altro che un ninfeo del tipo a “facciata”, imitante la scena di un teatro, ai cui piedi, in un lungo bacino rivestito in marmo lunense, si raccoglieva l’acqua.
Dopo l’abbandono del Colle Palatino come sede centrale del potere imperiale, l’edificio dovette cadere in rovina. Con il crollo della sezione centrale, dovuta sia all’incuria che ai terremoti, il prelievo dei materiali cominciò ad avvenire in maniera metodica nel corso dei secoli, come di consueto avveniva nel medioevo.
Anche se l’edificio doveva essere ancora in maniera parziale conservato fino al XVI secolo, fu definitivamente demolito per ordine di Sisto V, che si servì dei preziosi materiali recuperati per la realizzazione di nuovi monumenti.
Ad oggi, di esso, ci restano soltanto la pianta riportata nella Form Urbis Severiana, alcuni disegni rinascimentali e alcuni resti delle strutture, riportati alla luce, insieme a frammenti delle sculture ornamentali (ora conservati all’Antiquarium sul Palatino), da recenti scavi.