Pubblicato da Roberto D'Autilia il 02 Dic 2021

Vittoriano

Altare della Patria

PhysicalObject

Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II o (mole del) Vittoriano, chiamato per sineddoche Altare della Patria, è un monumento nazionale italiano situato a Roma, in piazza Venezia, sul versante settentrionale del colle del Campidoglio, opera dell'architetto Giuseppe Sacconi. È situato al centro della Roma antica e collegato a quella moderna grazie a strade che si dipartono a raggiera da piazza Venezia.

La sua costruzione iniziò nel 1885 e i lavori si conclusero nel 1935: tuttavia, già nel 1911, il monumento fu inaugurato ufficialmente ed aperto al pubblico, in occasione delle celebrazioni del 50o anniversario dell'Unità d'Italia. Da un punto di vista architettonico è stato pensato come un moderno foro, un'agorà su tre livelli collegati da scalinate e sovrastati da un portico caratterizzato da un colonnato.

Ha un grande valore rappresentativo, essendo architettonicamente e artisticamente incentrato sul Risorgimento, il complesso processo di unità nazionale e liberazione dalla dominazione straniera portato a compimento sotto il regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, cui il monumento è dedicato: per tale motivo il Vittoriano è considerato uno dei simboli patri italiani. Il Vittoriano racchiude l'Altare della Patria, dapprima un'ara della dea Roma e poi, dal 1921, anche sacello del Milite Ignoto. Poiché questo elemento è percepito come il centro emblematico dell'edificio, l'intero monumento è spesso chiamato Altare della Patria.

Fin dalla sua inaugurazione fu teatro di importanti momenti celebrativi. Ciò ha accentuato il suo ruolo di simbolo dell'identità nazionale. Le celebrazioni più importanti che hanno luogo al Vittoriano si svolgono annualmente in occasione dell'Anniversario della liberazione d'Italia (25 aprile), della Festa della Repubblica Italiana (2 giugno) e della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate (4 novembre), durante le quali il Presidente della Repubblica Italiana e le massime cariche dello Stato rendono omaggio al sacello del Milite Ignoto deponendovi una corona d'alloro in memoria dei caduti e dei dispersi italiani nelle guerre.

Il monumento ha un'ampia valenza simbolica rappresentando – grazie al richiamo della figura di Vittorio Emanuele II e alla realizzazione dell'Altare della Patria – un tempio laico dedicato metaforicamente all'Italia libera e unita e celebrante – in virtù della tumulazione del Milite – il sacrificio per la patria e per gli ideali connessi.

Le premesse

Dopo la morte di Vittorio Emanuele II di Savoia, avvenuta il 9 gennaio 1878, furono molte le iniziative destinate a innalzare un monumento permanente che celebrasse il primo re dell'Italia unita, artefice del processo di unificazione e della liberazione dalla dominazione straniera. Per questo motivo, Vittorio Emanuele è indicato dalla storiografia come uno dei quattro "Padri della Patria" insieme a Cavour, per la sua opera politica e diplomatica, a Garibaldi, per le sue azioni militari, e a Mazzini, il cui pensiero ha illuminato la mente e le azioni dei patrioti italiani. L'obiettivo era quindi quello di commemorare l'intera stagione risorgimentale tramite uno dei suoi protagonisti.

Il 26 marzo 1878 il parlamentare Francesco Perroni Paladini depositò alla Camera dei deputati del Regno d'Italia un disegno di legge il cui obiettivo era quello di erigere un monumento permanente intitolato a Vittorio Emanuele II da costruire a Roma. Il 4 aprile il governo recepì questa indicazione nella persona di Giuseppe Zanardelli, ministro dell'interno del Regno d'Italia, che depositò in Consiglio dei ministri un disegno di legge con il medesimo obiettivo. La proposta di legge di Zanardelli fu approvata dal Parlamento del Regno d'Italia il 16 maggio 1878 con 211 voti favorevoli e 10 voti contrari.

I due concorsi

Il 13 settembre 1880 fu istituita la "Commissione Reale per il Monumento a Vittorio Emanuele II", che il 23 settembre successivo bandì un concorso internazionale a cui parteciparono 311 concorrenti. I fondi pubblici destinati all'opera  sarebbero stati pari a 8 milioni di lire, cui si sarebbe aggiunto il denaro raccolto da una sottoscrizione popolare aperta a tutt gli italiani, anche a quelli che si erano trasferiti all'estero tra la fine del XIX e l'inizio XX secolo[12]. Il concorso fu vinto dal francese Henri-Paul Nénot, al quale però non fece seguito una fase attuativa del progetto.

Fu deciso di non dare seguito al progetto per vari motivi. Sorsero infatti accese polemiche sul fatto che fosse stato scelto un progetto di uno straniero per un monumento rappresentante una figura di spicco della storia italiana. Inoltre venne contestato il fatto che l'idea di Nénot fosse, come scoperto solo in seguito, una versione lievemente aggiornata del suo precedente progetto per la nuova sede della Sorbona, che aveva già realizzato nel 1877[14]. A questo si aggiunse la tensione dovuta al cosiddetto "schiaffo di Tunisi", ovvero all'occupazione francese della Tunisia[15][16]. Altro motivo che fece scartare il progetto di Nénot fu la troppa libertà concessa agli artisti nella scelta del luogo di edificazione e della tipologia del monumento da realizzare, linee guida che avevano portato a un fiorire di proposte architettoniche troppo differenti tra loro – in totale furono 293 i progetti depositati. Si andava da monumenti molto semplici, formati da colonne monumentali e statue equestri, a edifici complessi e di grandi dimensioni[1].

Il parlamento diede quindi alla Commissione Reale il mandato per bandire un secondo concorso, che stavolta avrebbe però dovuto stabilire sia il luogo di edificazione, sia le caratteristiche precise della costruzione. Nacque così un acceso dibattito, relativamente alla scelta del luogo dove far sorgere il monumento: il colle del Campidoglio, la piazza di Termini, che era al confine tra il centro storico di

Roma ed edifici più recenti ("fra la vecchia e la nuova Roma", com'è riportato sui verbali della commissione reale), oppure piazza Esedra[1] o ancora piazza della Rotonda, ove sorge il Pantheon, dove sarebbero sorti nuovi edifici monumentali[17].

Alcuni membri della Commissione Reale, compreso lo stesso presidente Depretis (che era anche Presidente del Consiglio) erano rimasti favorevolmente colpiti dall'idea espressa nel progetto di Ettore Ferrari e Pio Piacentini, secondo classificato nel precedente concorso: quella di costruire il monumento sul Campidoglio, luogo che da millenni era rappresentativo del potere romano. Ciò infatti avrebbe reso il Vittoriano non solo il memoriale del primo re d'Italia, ma il simbolo della Roma capitale (la terza Roma), vero contraltare di San Pietro, emblema della Roma papale, e del Colosseo, icona della Roma imperiale. La Commissione Reale, nonostante la contrarietà di eminenti personalità della cultura del tempo, come Rodolfo Lanciani e Ferdinand Gregorovius, approvò quindi la localizzazione del monumento sul Campidoglio.

Segno dell'aspro dibattito che si era svolto furono le immediate dimissioni dei componenti contrari, preoccupati per le demolizioni di testimonianze storiche ed artistiche, che sarebbero state necessarie per la realizzazione del monumento nel luogo prescelto. La scelta tenne in considerazione il fatto che proprio su questo colle di Roma sono presenti il Palazzo Senatorio e il Tabularium, monumenti dotati di cospicuo simbolismo nazionale e tra i più rappresentativi dell'antichità romana: sono infatti il simbolo del potere di Roma e da essi deriva l'altro appellativo con cui è conosciuto il Campidoglio ("Monte Capitolino", la cui etimologia ha a che fare con "capitale"[20]), dacché avevano ospitato gli archivi pubblici di Stato dell'antica Roma, dai decreti del Senato romano ai trattati di pace.

Fu decisivo il fatto che solo costruendo il Vittoriano nel centro storico di Roma, esso avrebbe potuto rivaleggiare, anche da un punto di vista "laico- spirituale", con i monumenti della Roma dei papi: era ancora molto viva l'avversione per la Roma dello Stato Pontificio, personificata da papa Pio IX, pontefice che si mise in decisa contrapposizione con il neonato Regno d'Italia portando alla recrudescenza della questione romana.

Nel bando del secondo concorso si previde quindi la costruzione, a fianco della basilica dell'Ara Coeli, di un imponente monumento in marmo contraddistinto da gradinate ascendenti, con un maestoso colonnato sulla sua sommità e con una statua di Vittorio Emanuele II seduto su un trono, che sarebbe stata il centro del complesso architettonico. Questo fu il progetto seguito nell'edificazione del Vittoriano con le varianti del caso (la posa del re sarà poi a cavallo e non su un trono).

I partecipanti al concorso, che fu chiuso il 9 febbraio 1884, ebbero un anno di tempo per consegnare i loro progetti. Le proposte presentate furono novantotto: dato che la commissione reale non riusciva a decidere tra i progetti di Bruno Schmitz, di Manfredo Manfredi e di Giuseppe Sacconi, fu necessario bandire un terzo concorso, limitato però solo a queste tre proposte, che si concluse il 24 giugno 1884. Tra i tre progetti la commissione reale scelse quello di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano, che vinse così il concorso ed ebbe l'incarico di redigere il progetto di dettaglio del Vittoriano.

Le scelte progettuali

Il progetto del Vittoriano si ispirò ai grandi santuari ellenistici, come l'Altare di Zeus a Pergamo e il Santuario della Fortuna Primigenia di Palestrina[31]. Il Vittoriano fu ideato come un vasto e moderno foro[32] aperto ai cittadini, situato su una sorta di piazza sopraelevata nel centro storico di Roma, organizzata come un'agorà su tre livelli collegati da gradinate, con cospicui spazi riservati al passeggio dei visitatori[33][34].

Sulla sua sommità ci sarebbe stato un maestoso portico caratterizzato da un lungo
colonnato e da due imponenti propilei, uno dedicato all'"unità della patria" e l'altro
alla "libertà dei cittadini", concetti metaforicamente legati, come già accennato,
alla figura di Vittorio Emanuele II[35]: sarebbe quindi diventato uno dei simboli della nuova Italia, affiancandosi ai monumenti dell'antica Roma e a quelli della Roma dei papi[3][30]. Essendo poi stato concepito come una grande piazza pubblica, il Vittoriano, oltre a rappresentare un memoriale dedicato alla persona del sovrano, fu investito di

Giuseppe Sacconi, progettista del Vittoriano e direttore per vent'anni del suo cantiere di costruzione un altro ruolo: un moderno foro dedicato alla nuova Italia libera e unita.

Da un punto di vista architettonico il monumento doveva essere costituito da una serie di scalinate adattate ai fianchi scoscesi del colle del Campidoglio[19][35], a nord della basilica di Santa Maria in Aracoeli. Tutto il complesso sarebbe apparso come una sorta di rivestimento marmoreo del versante settentrionale del Colle del Campidoglio[35], caricandosi di significati simbolici legati al Risorgimento[19]. La collocazione garantiva anche due altri vantaggi: il Vittoriano sarebbe stato in asse con via del Corso, di cui avrebbe costituito il punto di fuga prospettico, e si sarebbe affacciato su un importante snodo urbano, piazza Venezia, di cui Sacconi infatti previde l'ampliamento, per adeguarne lo spazio all'imponenza e alla simmetria del monumento.

Il progetto originario del Vittoriano (uno dei più grandiosi realizzati nel XIX secolo in Italia) prevedeva l'utilizzo del marmo per il sommoportico e del travertino (pietra tradizionale degli edifici dell'antica Roma) per la restante parte del monumento: tuttavia fu impiegato il solo marmo botticino, più facilmente modellabile e più simile ai marmi bianchi che gli antichi romani usavano nelle costruzioni più rappresentative. In realtà la prima scelta era stata per il marmo di Carrara, ma la richiesta di un prezzo giudicato troppo elevato dalla commissione reale spinse quest'ultima, il 2 luglio 1889, a decretare l'utilizzo del marmo botticino.

Questo materiale fu inoltre preferito soprattutto per le sue peculiarità cromatiche: rispetto al marmo di Carrara, che è caratterizzato da un bianco assoluto, il marmo botticino ha una tonalità bianca che possiede una leggera tendenza al giallo paglierino, caratteristica che gli conferisce un maggiore "calore". A causa del cambiamento del tipo di marmo, che avrebbe fornito una luminosità differente e un'elegante bicromia in sincrono con il travertino, Giuseppe Sacconi fu obbligato a rivedere il progetto e apportò lievi modifiche. Il Vittoriano si arricchì di ulteriori fregi, trofei, bassorilievi e piccole statue, tutte collocate lungo i muri perimetrali che, nel complesso, fornivano un impatto visivo paragonabile alla bicromia dovuta al previsto uso di due diversi materiali di rivestimento. Per poi attirare lo sguardo dell'osservatore verso il sommoportico, in luogo di un materiale di copertura differente, Sacconi rese le decorazioni di questa parte del monumento più vistose mediante l'aggiunta di statue.

Il marmo botticino prende il nome dalla sua zona di estrazione, Botticino, comune italiano a nord-est di Brescia, che è distante circa 500 chilometri da Roma. La sostituzione del travertino scelto da Sacconi generò così molte polemiche, che furono originate dalla distanza da Roma delle cave di marmo botticino, giudicata eccessiva: a pochi chilometri a sud-est di Roma, nei pressi dei Tivoli, esistono ampi giacimenti di travertino, tutt'oggi sfruttati in una molteplicità di cave da numerose aziende locali.

L'apertura del cantiere e i ritrovamenti archeologici

La direzione dei lavori fu affidata a Giuseppe Sacconi con un regio decreto datato 30 dicembre 1884 e l'apertura ufficiale del cantiere avvenne il 1o gennaio 1885. La solenne cerimonia della posa della prima pietra del Vittoriano avvenne il 22 marzo 1885 alla presenza di re Umberto I di Savoia, della regina Margherita di Savoia, dell'intera famiglia reale e di una folta rappresentanza straniera.

Durante i primi scavi nel 1887, non si trovò, come tutti si aspettavano, il tufo compatto sul quale il monumento avrebbe dovuto poggiare. Vennero invece alla luce argille fluviali, banchi di sabbia e una cospicua presenza di caverne, cunicoli e antiche cave. Le caverne e i cunicoli erano stati previsti, visto che si sapeva che in tempi antichi la zona era stata scavata dai romani, ma non in simile e massiccia densità. Giuseppe Sacconi fu costretto a modificare il progetto e a prevedere un'opera di rinforzamento dei cunicoli con la costruzione di strutture che poggiavano sulle loro volte. Alcune cave furono poi utilizzate durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo.

Con la prosecuzione dei lavori di scavo venne anche alla luce un tratto delle mura serviane, prima cinta muraria della città risalente al VI secolo a.C., ovvero all'epoca dei re di Roma, nonché i resti di un mammuth: entrambi i ritrovamenti furono inglobati nei muri dell'erigendo Vittoriano senza però distruggerli e lasciando la possibilità di ispezionarli, tranne alcune parti dell'animale fossile (trasferite all'università di Roma)[48]. Furono poi rinvenuti molti altri reperti romani, sparsi sull'intera area del cantiere, tra cui resti di costruzioni, statue, capitelli, oggetti di uso comune, ecc.

Conseguenza del ritrovamento delle mura serviane fu una modifica sostanziale del progetto: furono aggiunti altri due piloni di fondazione al sommoportico, così da lasciare liberi e ispezionabili i reperti archeologici rinvenuti durante i lavori di sbancamento[35]. Per tale motivo il sommoportico fu maggiormente incurvato e ne vennero cambiate le dimensioni, che passarono da 90 a 114 metri di lunghezza, con il numero di colonne, comprese quelle dei propilei, che aumentò da sedici a venti[35][54]. Le colonne, inoltre, furono rese più slanciate. In questo modo il Vittoriano passò dall'essere uno dei tanti monumenti del colle del Campidoglio senza spiccare in modo particolare (com'era previsto dal progetto originario) a vistosa e imponente costruzione che abbracciava in maniera più avvolgente il versante settentrionale del colle.

Altra modifica in corso d'opera provenne da Sacconi che, nel febbraio 1888, propose l'aggiunta degli spazi interni
al Vittoriano. L'idea gli era venuta dopo la scoperta dei cunicoli e delle caverne nel sottosuolo: alcune di esse
furono poi sfruttate per realizzare parte degli ambienti interni del Vittoriano[54], ovvero stanze, cripte, gallerie e corridoi[35]. Questi ambienti interni avrebbero poi ospitato il Museo centrale del Risorgimento, il Sacrario delle Bandiere e la cripta del Milite Ignoto[54].

A causa di queste modifiche il costo dell'opera passò dai 9 milioni di lire inizialmente preventivati ai 26,5 milioni finali. Per realizzare le fondamenta fu infine necessario sbancare 70 000 metri cubi di terreno.

Le demolizioni degli edifici circostanti

Per erigere il Vittoriano fu necessario, fra gli ultimi mesi del 1884[50] e il 1899, procedere a numerosi espropri e a estese demolizioni degli edifici che si trovavano nell'area del cantiere[10]. Il luogo scelto era nel cuore del centro storico di Roma ed era quindi occupato da antichi edifici disposti secondo un'urbanistica che risaliva al Medioevo[19]. In particolare, l'area era occupata dal Convento di Aracoeli, complesso monastico di origine medievale e gestito dall'ordine dei Frati Minori insieme all'annessa biblioteca, comprendente anche la cinquecentesca cosiddetta Torre di Paolo III affacciante su Via del Corso[57][58]

Gli abbattimenti furono effettuati grazie a un preciso programma stabilito da Agostino Depretis, presidente del Consiglio[45][59][60]. I lavori di demolizione, e conseguentemente quelli di costruzione del Vittoriano, procedettero speditamente grazie a strumenti urbanistici speciali resi disponibili dal governo[61]. Tutti gli abbattimenti passarono al vaglio della commissione reale che, tra gli edifici e i resti archeologici, decise quali preservare e quali no.

Si dovette affrontare anche la necessità di fare affacciare il Vittoriano verso uno spazio adeguatamente ampio. Piazza Venezia all'epoca era infatti di dimensioni più limitate[55]. Delimitata verso ovest dall'omonimo palazzo, il suo lato orientale era disordinatamente segnato da antichi immobili[4], tra cui alcuni tuttavia di pregio, quale il Palazzo Bolognetti-Torlonia[63]. Dal 1900 al 1906 furono eseguiti i lavori, basati sulle idee di Giuseppe Sacconi, per ampliare la piazza e renderla di forma simmetrica, adeguandola alla grande mole del monumento e al suo significato simbolico: la celebrazione della nuova Italia libera e unita.

In questo modo scomparvero alcune strade storiche di Roma e i relativi quartieri, come via Della Pedacchia, via Di Testa Spaccata, via Della Ripresa Dei Barberi, via Macel De' Corvi e l'annessa piazza dove risiedette l'artista Michelangelo. Altre strade al contrario furono stravolte con la demolizione di tutti i caseggiati che vi sorgevano ai lati, come via Giulio Romano, via San Marco e via Marforio[1][66][67][68]. Parte delle demolizioni furono effettuate per consentire la visione del monumento da via del Corso e da via Nazionale. In totale la superficie che fu rasa al suolo fu pari a 19 200 metri quadrati[69].

Contro le demolizioni si espressero diverse personalità, tra cui il sindaco di Roma Leopoldo Torlonia e l'archeologo Rodolfo Lanciani[19]. In sede parlamentare fu invece Ruggiero Bonghi, il 10 maggio 1883, ad attaccare con veemenza le demolizioni[70][71]. A queste critiche si aggiunsero quelle di Ferdinand Gregorovius, storico tedesco celebre per i suoi studi sulla Roma medievale[72], e di Andrea Busiri Vici, presidente dell'Accademia nazionale di San Luca[73]. Di contro ci furono anche pareri autorevoli, come quello dello storico dell'arte Giovanni Battista Cavalcaselle e dell'architetto Camillo Boito, che erano invece favorevoli alle demolizioni, pur con i distinguo del caso[19].

Già nei primi anni del XX secolo Primo Levi spiegò la scelta di elevare il Vittoriano sul colle del Campidoglio, che
definì metaforicamente il centro della "Terza Roma", dopo la Roma antica e la Roma dei papi, richiamando una
futura terza epoca della storia d'Italia (una successione storica vista come naturale, dettata dalla cesura della caduta dell'Impero romano d'Occidente[74]), durante la quale la città sarebbe potuta diventare nuovamente di riferimento per il mondo[75]. In questo contesto fu reputato necessario dotarla di infrastrutture e di edifici, anche simbolici come il Vittoriano, che ne rimarcassero il ruolo di capitale del neonato Regno d'Italia[76].

L'obiettivo generale era anche quello di fare di Roma una moderna capitale europea che rivaleggiasse con Berlino, Vienna, Londra e Parigi[77] superando la secolare urbanistica pontificia[78]. In questo contesto il Vittoriano sarebbe stato l'equivalente della Porta di Brandeburgo di Berlino, dell'Admiralty Arch di Londra e dell'Opéra Garnier di Parigi: questi edifici sono infatti tutti accomunati da un aspetto monumentale e classicheggiante che comunica metaforicamente l'orgoglio e la potenza della nazione che li ha eretti[76].

Fonte: Wikipedia