Pubblicato da Shazarch il 18 Mar 2021

Portico degli Dei Consenti

Portico degli Dei Consenti

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Tra il 1833 e il 1834 le operazioni di scavo condotte nell’area sud-occidentale del Foro Romano, alle pendici del Campidoglio, portano alla luce i resti di un edificio formato da una serie di stanze, disposte ad angolo ottuso, davanti alle quali si trovano i frammenti  di un portico a colonne, ricomposto poi nel 1858. Lo spazio antistante quest’ultimo è costituito da una sorta di basamento di sostegno contenente, al suo interno, altre stanze distribuite ad un livello inferiore.
Sarebbe stato difficile, come ricorda Antonio Nibby (Roma nell’anno MDCCCXXXVIII), dare un nome a questo portico se proprio sul finire del 1834 non fosse stata trovata un’iscrizione in cui si ricordava che Vettio Agorio Pretestato, prefetto di Roma nel 367, aveva ricostruito “le venerande statue degli Dei Consenti, con ogni ornamento e culto di tutto quanto il luogo ricostruito in forma antica, sotto la cura di Longelo, uomo di rango consolare”.
Marco Terenzio Varrone nel Libro I del De re rustica, aveva scritto a suo tempo che nel Foro si trovavano le statue dorate degli Dei Consenti, sei maschi e sei femmine: Deos Consentes, neque tamen eos urbanos quorum imagines ad Forum aurate stant sex mares, et foeminae totidem. Forse, come sostiene ancora Nibby, “queste statue sono le stesse di quelle ricordate nella iscrizione di Pretestato”.
 
Gli Dei Consenti sono le dodici principali divinità della religione romana, il cui culto è praticato probabilmente fin dall’età repubblicana. Tito Livio, in particolare, ricorda una cerimonia dedicata ad essi, il solenne lectisternio (lectisternium) del 217 a.C., avvenuto durante la seconda guerra punica, dopo la sconfitta inferta da Annibale alle legioni romane, comandate dal console Gaio Flaminio, nella battaglia del lago Trasimeno. In quel grave momento di pericolo per la sicurezza di Roma, il nuovo dittatore Quinto Fabio Massimo, ritenendo che la disfatta subita dipendesse anche dal disprezzo del console Flaminio verso i riti dovuti agli dei, aveva richiesto che l’ira di questi ultimi fosse placata consultando i Libri Sibillini. Esaminando i “libri del destino”, i decemviri avevano così individuato le azioni da compiere per rinnovare in maniera solenne il voto agli dei, ottenere il loro perdono e supplicare la loro protezione. Oltre a giochi, sacrifici, pubbliche preghiere e alla promessa di nuovi templi venne organizzato un lettisternio di tre giorni nel quale, come narra ancora Tito Livio (Ab urbe condita),  furono preparati in pubblico sei giacigli (pulvinaria), ciascuno per una coppia di dei: Giove e Giunone, Nettuno e Minerva, Marte e Venere, Apollo e Diana, Mercurio e Cerere. Una cerimonia analoga si era svolta in precedenza, nel 399 a.C., dopo una pestilenza, ma è a che questo sacro convito, al banchetto voluto dai sacerdoti e dal popolo, che figurano invitate, per la prima volta, le dodici massime divinità, gli Dei Consentes, reinterpretazione romana forse del Dodekatheon greco, ripreso poi anche nella religione etrusca. 

Se è dunque probabile che ci fosse in questa parte del Forum una Aedes Deorum Consentium,  essa potrebbe essere stata distrutta in seguito all’incendio che aveva  colpito le pendici del Colle Capitolino alla fine del 69 d.C.  La struttura del Portico degli Dei Consenti, in questa ipotesi, si colloca dunque  nell’Età Flavia, più precisamente nell’ambito della ridefinizione dello spazio alla base del Campidoglio, attuata anche con la costruzione del Tempio di Vespasiano, iniziato da Tito e portato a termine da Domiziano. L’edificio si trova così accanto a questo tempio, a ridosso della parte finale del Tabularium, di fronte al lato del Tempio di Saturno lungo il Clivo Capitolino.

Il portico, composto da colonne di marmo cipollino verde con capitelli corinzi ornati di trofei, si affaccia sullo spazio aperto di una piazza, probabilmente lastricata in marmo, la cui forma trapezoidale sembra essere determinata dalla conformazione del terreno e dalla presenza del Clivo Capitolino su un lato e del Tempio di Vespasiano dall’altro.  Al di sotto di essa sono disposti sette ambienti, forse di uso pubblico, accessibili dalla strada situata accanto al basamento del Tempio di Vespasiano. Le otto stanze che si affacciano sul portico sono realizzate in opera latericia, probabilmente rivestite in marmo, e dotate di aperture verso l’esterno. Il loro uso è incerto. Avrebbero potuto ospitare ciascuna una coppia di divinità o forse queste ultime, come propongono altri studi, erano disposte negli spazi tra le colonne. In altre ipotesi di ricostruzione si è fatto cenno anche alla possibilità di un secondo piano  adibito ad uffici e alla possibilità che l’Aedes Deorum Consentium fosse collocata invece nella piazza.

In ogni caso, il restauro di cui parla l’iscrizione già citata si riferisce all’edificio di epoca flavia e, al di là delle interpretazioni che anche questo intervento solleva insieme a ciò che resta oggi di esso, merita attenzione l’iniziativa simbolica di Vettio Agorio Pretestato, - rappresentante di una nobile famiglia senatoria e devoto sostenitore del paganesimo tradizionale - , che inserisce i lavori per il Portico degli Dei Consenti nella sua politica di ripristino degli antichi culti degli dei romani, in un contesto ormai mutato come quello della metà del IV secolo d.C.